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Carlo Vanzina (1951 - 2018)

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Rivedendo il cinema di Carlo Vanzina


Carlo Vanzina nasce a Roma il 13 marzo 1951, vive in una famiglia di cineasti, perché suo padre è il popolare Stefano (noto come Steno) e suo fratello è lo sceneggiatore Enrico. La sua casa è frequentata da personaggi mitici come Totò, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Ennio Flaiano, Mario Canerini, Dino Risi, che per lui diventano presenze familiari. Carlo debutta nel mondo del cinema ad appena un anno, interpretando il neonato Filippo in Totò e le donne, diretto dal padre. Si diploma al liceo francese Chateaubriand di Roma, tenta la carriera cinematografica seguendo le orme paterne come aiuto regista (Il vichingo venuto dal sud, La poliziotta…), ma frequenta anche la bottega di Mario Monicelli e di Alberto Sordi, imparando l’arte della commedia in tutte le sue sfaccettature. Carlo Vanzina è aiuto regista in lavori storici del cinema brillante italiano come Brancaleone alle crociate, Romanzopopolare, Amici miei, Polvere di stelle e Finché c’è guerra c’èsperanza. L’elenco non è esaustivo.



Il primo lavoro da regista è Luna di miele in tre (1976), commedia brillante interpretata da Renato Pozzetto e Stefania Casini, sceneggiata dal fratello Enrico, ma lontana da quel cinema popolare che è nelle corde dei Vanzina. Il film si basa sulla comicità di Pozzetto, diviso tra la moglie e una pornostar, ma viene rivitalizzato dalla presenza di Massimo Boldi, Cochi Ponzoni e Felice Andreasi.  



Figlio delle stelle(Tu sei l’unica donna per me) (1979) è il secondo lavoro di Carlo Vanzina, sceneggiato con il fratello, ma soprattutto musicato da Alan Sorrenti, vero protagonista di un musicarelloatipico e fuori dal tempo. La pellicola si caratterizza per la presenza di un Michele Soavi - futuro regista horror e allievo di Dario Argento - come assistente al montaggio. Il film è basato sui successi canori di Alan Sorrenti che duetta con la cantante francese Jennifer Benoist e non è certo la cosa migliore fatta dai Vanzina. Il musicarelloè un genere alla frutta, impossibile rivitalizzarlo, anche perché non pare il più adatto allo stile dei Vanzina. Figlio delle stelle resta un’opera di culto, ricercata dagli appassionati, classificabile come pietra miliare del cinema bis italiano.



Arrivano i Gatti (1979) è il primo film interessante di Carlo Vanzina, che contribuisce in maniera determinante all’affermazione in campo cinematografico dei Gatti di Vicolo dei Miracoli, quattro attori comici veronesi. Una vacanza bestiale (1980) segue il successo del primo film ed è ancora un lavoro che vede all’opera i Gatti, come nel precedente la sceneggiatura è opera di Enrico Vanzina e di Ninì Salerno (anima culturale del gruppo). Diego Abatantuono fa parte del cast comico, come in Arrivano i Gatti, e segna l’inizio di una collaborazione proficua con i Vanzina. 



Il successo del personaggio del terrunciello che si spaccia per milanese ciento pe’ cientoè frutto di un proficuo lavoro tra attore, sceneggiatore e regista. Lo slang tipico del primo Abatantuono, che fa impazzire i ragazzi e ne decreta un incredibile successo, viene realizzato a tavolino e sul campo, serata dopo serata, pellicola dopo pellicola. Una vacanza bestiale secondo Marco Giusti è uno dei migliori film dei Vanzina, non tanto per la presenza dei Gatti, quanto per un Diego Abatantuono scatenato, ai massimi della forma. Non condividiamo il benevolo giudizio, ma in ogni caso il film è un contenitore di gag che si susseguono a ritmo forsennato, non tutte allo stesso livello, ma la maggior parte colgono nel segno. Teo Teocoli fornisce un buon apporto con la scenetta del marocchino che al tempo era il suo cavallo di battaglia. Jerry Calà dimostra già da questo film che potrebbe fare da solo, piace al pubblico e ha il carisma del protagonista. Il suo distacco dai Gatti è prossimo e segna lo scioglimento del gruppo sin dalla pellicola successiva.



I fichissimi (1981) è un grande successo della coppia comica Jerry Calà -Diego Abatantuono, il film più importante dei Vanzina (Enrico sceneggia e Carlo dirige), insieme al successivo e ormai storico Eccezzziunale… veramente (1983). Jerry Calà comincia a fare da solo, mentre Abatantuono è un terruncielloperfetto davvero esilarante, ma insieme danno vita a una versione comica de I guerrieridella notte senza precedenti.



Un altro film importante nella carriera di Diego Abatantuono è Viuuulentemente… mia (1982) e merita di essere riscoperto come uno dei migliori film del periodo terrunciello. Laura Antonelli è una ricca finanziera che il poliziotto Abatantuono deve arrestare e portare in Italia, ma la trama conta poco perché il film si regge soprattutto sulle battute di Abatantuono e sulle grazie della Antonelli.



Eccezzziunale… veramente (1983) è la vera apoteosi del terrunciello portato sullo schermo da Diego Abatantuono ed è un film entrato a far parte dell’immaginario popolare, al punto che nel 2006 viene realizzato un tardo sequel come Eccezzziunale veramente capitolo secondo… me, successo cinematografico e subito dopo televisivo, programmato sulle reti Sky e, nel 2008, in prima serata su Rai Due. 



Carlo ed Enrico Vanzina non inventano soltanto il Diego Abatantuono idolo dei teenager anni Ottanta, ma sono anche gli importanti rigeneratori del cinema balneare, di gran moda nella commedia all’italiana classica, ma finito nel dimenticatoio.
Sapore di mare (1983) è una pellicola che segna un periodo storico, ormai un classico dei Vanzina, seguito da un meno riuscito sequel come Sapore di mare 2 un annodopo(1983) di Bruno Cortini, pure se soggetto e sceneggiatura sono ancora dei Vanzina. I ragazzi della mia generazione hanno visto Sapore di mare decine di volte, prima al cinema e poi nei frequenti passaggi televisivi, resta un film di culto, inossidabile, resistente al passare degli anni. Isabella Ferrari nel ruolo di Selvaggia impersona il sogno erotico dei ragazzi italiani, Karina Huff e Marina Suma si danno da fare per contenderle la scena, la matura Virna Lisi recita con bravura, ma tutto il cast è ai massimi livelli, basti citare gli esplosivi Jerry Carlà, Massimo Ciavarro e Christian De Sica. Torna in auge un genere a metà strada tra il musicarello (Edoardo Vianello interpreta se stesso) e la commedia balneare, rivitalizzato da un cast di attori perfetto e da una storia agrodolce al punto giusto. Sapore di mare viene distrutto dalla critica contemporanea, ma oggi si deve ammettere che ci troviamo di fronte a un interessante film corale che si pone sulla scia dei capolavori di Dino Risi. Il mix tra musica, comicità e rivisitazione delle vacanze al mare nella Versilia anni Sessanta è fantastico. Tutto è ancora più apprezzabile se si pensa che la maggior parte della pellicola è stata girata a Ostia e in teatri di posa.



Un altro genere inventato dai Vanzina è il comico - vacanziero, inaugurato da Vacanze di Natale (1983), primo titolo di successo che anticipa una lunga serie. La pellicola segue la stessa formula di Sapore di mare, presenta una serie di canzoni memorabili che fanno da sottofondo a gag comiche indovinate. Jerry Calà, Christian de Sica e Claudio Amendola sono gli attori principali, ma non vanno dimenticate presenze femminili importanti come Stefania Sandrelli, Antonella Interlenghi, Karina Huff e Licinia Lentini. Ricordiamo anche Mario Brega, Rossana Di Lorenzo e una breve apparizione di Moana Pozzi. Vacanze di Natale è un Sapore dimare ambientato in montagna, un film mai eccessivo, inquadrabile nella commedia all’italiana di stampo classico, pure se è il capostipite di un sottogenere e resta uno dei film più indovinati dei Vanzina.  



Il 1983 è un anno di grazia per Carlo ed Enrico Vanzina che portano Diego Abatantuono alla consacrazione del suo personaggio storico con Il rasdel quartiere. Isabella Ferrari è al massimo della bellezza e ha già fatto innamorare tutti i ragazzi italiani con il suo sguardo da cerbiatta, occhi azzurri e capelli biondi. La pellicola non ha un grande successo perché il personaggio di Abatantuono mostra la corda, comincia a stancare il pubblico, persino l’attore se ne accorge e cambia registro cominciando a lavorare con Pupi Avati.



Mystère chiude male il 1983 perché i Vanzina confezionano un thriller completamente fuori dalle loro corde, anche se dispongono di un’attrice come Carol Bouquet nel ruolo della protagonista. Amarsi un po’ (1984) è una storia d’amore atipica, non convenzionale, tra un figlio di romani trucidi come Claudio Amendola e Tahnee Welch, rampolla di famiglia nobile. Mario Brega e Rossana Di Lorenzo rappresentano i personaggi più azzeccati del film come copia di genitori popolari, mentre Riccardo Garrone e Virna Lisi sono i  nobili che non vogliono concedere la figlia al borgataro. Claudia Cavalcanti è il terzo incomodo e porta nella pellicola una spruzzatina di sensualità. Un film da riscoprire.

Vacanze in America (1984) è il secondo vacanziero vanziniano ed è tra i meno riusciti, anche se il cast è simile al precedente e la comicità resta affidata a Jerry Calà, Christian De Sica e Claudio Amendola. C’è anche Edwige Fenech, al suo penultimo film per il cinema, ma in un ruolo di madre castigatissima, mentre le parti piccanti sono affidate ad Antonella Interlenghi.Il film è un insieme di battute già sentite e di volgarità inutili che non smuovono minimamente il sorriso. A Natale un gruppo di studenti di una scuola privata romana retta da sacerdoti viene portato in vacanza per quindici giorni negli States e affidato alle cure di Don Buro (De Sica). La Fenechè una divorziata che circuisce Don Buro ma è sempre molto vestita. Gli attori e il cast tecnico sono più meno gli stessi del primo Vacanze di Natale (1983) che aveva il pregio dell’originalità.



Sotto il vestito niente (1985) è una pellicola importante e atipica di Carlo Vanzina. che si avvale del fratello Carlo come sceneggiatore, ma basandosi sul romanzo omonimo di Marco Parma (Paolo Pietroni) e ricorrendo allo specialista di thriller Franco Ferrini. Si tratta di un giallo ambientato nel mondo della moda milanese che riscuote un grande successo. La storia si basa su un vero omicidio maturato in ambienti milanesi tra serate a base di sesso e droga, ma tiene conto pure del caso della modella Terry Broome. Si narra che dovesse girarlo Michelangelo Antonioni, ma alla fine viene affidato ai Vanzina. La pellicola ha un sequel: Sotto il vestito niente 2 (1989), girato da un regista di pubblicità come Dario Piana, su soggetto di Carlo ed Enrico Vanzina. Funziona memo bene del primo, anche se presenta la solita sfilata di belle modelle spaventate e uccise che da un punto di vista estetico salvano il film.



Yuppies - i giovani di successo (1986) è un’altra pellicola importante per dimostrare che non possiamo trascurare il fenomeno Vanzina e relegare i loro film a puro cinema popolare senza valore. Sono il primo a fare ammenda perché è capitato anche a me di cadere nel luogo comune Vanzina uguale prodotto scadente. Non è sempre vero. Negli anni Ottanta il cinema dei Vanzina è stato innovativo, ha segnato il nascere di diversi sottogeneri (poi sfruttati all’eccesso), si è posto in una posizione di continuità con la commedia all’italiana di stampo classico e si è affermato per la rottura con la tradizione. Yuppiesè un apoteosi di Jerry Calà, al massimo del successo personale, dopo aver lasciato i Gatti e prima di decidere per un infelice passaggio dietro la macchina da presa. Christian De Sica, Ezio Greggio e Massimo Boldi sono le altre presenze maschili, mentre la sfilata di bellezze comprende Corinne Cléry, Federica Moro, Valeria D’Obici e Cinzia De Ponti. I critici del tempo stroncarono il film senza starci tanto a pensare, anche se è un lavoro interessante, comico - surreale, con pochi agganci al vero mondo degli yuppies, ma non per questo meno riuscito. Un film di culto per la mia generazione.



Via Montenapoleone (1987) è un’altra pellicola di successo, scritta e sceneggiata dai Vanzina con la collaborazione di Iaia Fiastri, che è in diretta continuità con Yuppies ma si caratterizza per la bellezza prorompente di Carol Alt. I Vanzina cercano di fornire un quadro realistico della Milano bene di quei tempi, ma non sono bravissimi a costruire personaggi e spesso si limitano alla macchietta comica. Tra le bellezze femminili citiamo anche Corinne Cléry e René Simonsen, ma un vero ruolo da protagonista lo ricopre Luca Barbareschi, critico cinematografico gay, figlio di Valentina Cortese.



Montecarlo Gran Casinò (1987) è un comico - vacanziero ambientato a Montecarlo, non tra i più riusciti dei Vanzina, ma dotato di un buon cast di comici e caratteristi. Ezio Greggio, Christian De Sica, Enrico Beruschi, Massimo Boldi, Paolo Rossi, Mario Brega, Rossana De Lorenzo e Renzo Ozzano sono la truppa di comici televisivi e di cabaret che interpreta una serie di trovate abbastanza originali. La nota positiva del film è che vediamo coppie comiche inedite come quella composta da Paolo Rossi ed Ezio Greggio.



I miei primi quarant’anni (1987) è un altro film storico dei Vanzina che porta al cinema l’autobiografia romanzata di Marina Ripa di Meana, impersonata dalla bellissima ma inespressiva Carol Alt, doppiata male e sostituita nelle scene di sesso da una certa Carmen Stowe. Si tratta di un film rosa non certo memorabile, ma ormai di culto per le situazioni surreali e per una serie di gag involontarie che ne hanno fatto un oggetto prelibato per gli appassionati del cinema bis italiano. Tra gli interpreti spiccano Pierre Cosso, Giuseppe Pambieri, Riccardo Garrone, Paola Quattrini, Teo Teocoli e Carlo Monni.



La partita (1988) è un film drammatico, del tutto fuori sintonia con la poetica vanziniana, sembra un prodotto realizzato alla ricerca di un’autorialità e di un impegno che Carlo ed Enrico non hanno mai coltivato. La sceneggiatura è originale, tenta di descrivere il mondo settecentesco in maniera realistica, dipingendolo come fatuo e vacuo, ma soprattutto punta l’indice sul vizio del gioco. Siamo nel 1700 a Venezia e dopo un lungo esilio, il nobile Francesco Sacredo torna in città. Apprende che il patrimonio di famiglia è stato perso al gioco dal padre dopo lunghe partite con la contessa Matilde Von Wallenstein. La contessa si innamora del giovane Francesco e gli propone di giocarsi tutto il patrimonio, in cambio della totale disponibilità della sua vita in caso di perdita. Interpretano la pellicola Corinne Cléry, Faye Dunaway, Matthew Modine e Jennifer Beals. Un prodotto insolito ma interessante, non facile a vedersi, ma da recuperare.



Le finte bionde (1988) è un prodotto fallimentare tratto da un romanzo di Enrico Vanzina, interpretato da Paola Quattrini e Cinzia Leone, ma non all’altezza delle ambizioni di critica nei confronti della finta borghesia romana. Sono interessanti soltanto alcune trovate in gergo romanesco che in parte rivalutano il film, soprattutto per come presenta la burinità dei nuovi ricchi romani.



Tre colonne in cronaca (1989) è un thriller tratto dal romanzo omonimo di Corrado Augias e Daniela Pasti, ma non è il classico film dei Vanzina e il risultato è un prodotto ibrido, a metà strada tra il fumetto e il poliziesco. Gian Maria Volontè interpreta Eugenio Scalfari nel migliore dei modi, ma sono in buona forma anche Massimo Dapporto, Sergio Castillitto, Demetra Hampton, Carlo Giuffrè e Senta Berger.



Miliardi (1990) è un pessimo fumettone stile Beautiful tratto dal romanzo omonimo di Renzo Barbieri che nessuno ricorda, per primi i Vanzina che lo hanno quasi omesso dalla loro filmografia. La bellezza di Carol Alt la fa da padrone, ma tolta lei resta poco da vedere.



Piedipiatti (1991) è un tentativo di unire la comicità meneghina di Renato Pozzetto con quella romanesca di Enrico Montesano, ma non convince fino in fondo perché i due attori sono in disarmo. Conosciamo una coppia di piedipiatti che quando entrano in azione sono due pericoli pubblici e ne combinano di tutti i colori. Una leggera trama gialla fa da supporto a una serie di situazioni comiche non troppo incisive.



California Dreaming – Sognando la California(1992) è una nuova pellicola comica versione road movie. Massimo Boldi, Nino Frassica, Maurizio Ferrini e Bo Derek (nella parte di se stessa) sono gli interpreti principali di un lavoro non eccezionale che racconta il viaggio di quattro amici in California per realizzare un vecchio sogno. I Vanzina cominciano a unire comicità cinematografica a nuovi volti della televisione come Frassica e Ferrini, lanciati dalle trasmissioni di successo di Renzo Arbore. Umberto Smaila, ormai orfano dei Gatti, compone una musica orecchiabile e divertente.



Piccolo grande amore (1993) è una favola sentimentale con intermezzi comici, interpretata da Raoul Bova e dalla modella - meteora Barbara Snellenburg. Il film lancia l’attore italiano in un ruolo romantico da istruttore di surf rubacuori che seduce una principessa straniera. Nel cast ci sono attori come David Warner, Paul Freeman e Susannah York, ormai sul viale del tramonto. La pellicola non è tipica dello stile vanziniano, ma cavalca una moda del periodo.



I mitici – Colpo gobbo a Milano (1994) è uno dei migliori film dei Vanzina che si avvalgono della collaborazione alla sceneggiatura di Pero De Bernardi e Leo Benvenuti. I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli viene rivisitato e corretto in salsa vanziniana con la partecipazione di Monica Bellucci, Ricky Memphis, Tony Sperandeo, Umberto Smaila e Ugo Conti. Carlo Vanzina non è il primo regista a tentare un adattamento del classico monicelliano, visto che ci avevano già provato Nanni Loy e Lucio Fulci, ma il suo lavoro ha il pregio dell’originalità.



SPQR – 2000 e ½ anni fa (1994) è una pellicola importante, basata sulla comicità volgare e caciarona della coppia Christian De Sica - Massimo Boldi, una storia di ambientazione romana, un peplum comico stile Orazi e Curiazi 3 a 2 (1972) di Giorgio Mariuzzo. Il latino maccheronico si spreca, le situazioni imbarazzanti pure, la comicità è senza pretese, ma efficace. Grande successo natalizio, come consuetudine dei Vanzina, che affrontano l’argomento Tangentopoli - mani pulite con superficialità, ma facendo ridere a crepapelle. Massimo Boldi interpreta un giudice integerrimo che indaga sul corrotto De Sica, ma ci sono anche Leslie Nielsen, Anna Falchi (non poteva essere che Poppea), Nadia Rinaldi e la bella Cash. Al film è seguito un serialtelevisivo Mediaset che non ha avuto un grande successo ed è stato eliminato presto dalla programmazione. 



Selvaggi (1995) esce per Natale, ma non riscuote grandi consensi. Resta un film curioso, a tratti divertente, pure se la visione della realtà è semplificata e monodimensionale. La storia si sviluppa su un’isola deserta dei tropici, dove incontriamo Ezio Greggio, Leo Gullotta, Antonello Fassari, Cinzia Leone, Monica Scattini, Emilio Solfrizzi, Franco Oppini e Cash. I Vanzina non costruiscono comicità raffinata, non sono maestri di delicate allegorie, da loro possiamo attenderci solo divertimento puro a base di trovate televisive e risate sguaiate. Fatta questa premessa, bisogna dire che non deludono, perché mettono in scena le liti un milanese berlusconiano, un romano comunista, una moglie coatta, due pugliesi in viaggio di nozze e due belle ragazze. 



Io no spik english (1995) è una pellicola per bambini interpretata da Paolo Villaggio e non è un lavoro memorabile, forse uno dei peggiori film interpretati dall’attore ligure che non sembra in sintonia con i Vanzina. Da dimenticare.



A spasso nel tempo (1996) è un ritorno alla vecchia comicità natalizia dei Vanzina e un modo per rinnovare i fasti di SPQR, ancora una volta per merito della coppia affiatata Boldi - De Sica. Il cast delle belle presenze femminili vede la giovanissima Manuela Arcuri e la televisiva Ela Weber. Dean Jones è il professor Mortimer che spedisce i nostri eroi a spasso nel tempo, una scusa per ambientare diverse situazioni comiche nella Firenze rinascimentale, nella Seconda Guerra Mondiale e nella preistoria.



Squillo (1996) è il primo film interpretato dal modello pubblicitario Raz Degan che passa al cinema sotto la guida dei Vanzina, come ai tempi di Sotto il vestito niente, solo che allora si trattava di donne. Si torna alle tematiche gialle ambientate nel bel mondo milanese (che i Vanzina dimostrano di conoscere poco), con una spruzzatina di discorso politico molto annacquato, un po’ di sesso e di mistero attorno a un omicidio. Un omaggio ai vecchi thriller di Sergio Martino e a tutti i sexy thriller all’italiana, ma un film atipico per i Vanzina.



Banzai (1997) è un pessimo film girato a Tokyo con protagonista Paolo Villaggio, nei panni del solito frustrato che gira per il mondo e gliene succedono di tutti i colori. Un nuovo incontro poco riuscito tra la comicità di Villaggio e lo stile dei Vanzina che non sembrano per niente compatibili. Si rivede la giunonica Francesca Romana Coluzzi.



A spasso nel tempo – L’avventura continua (1997) ha tutti i difetti dei sequel di un film di successo, prima di tutto è tirato via, girato in fretta e senza molte idee, riciclando cose già dette e già viste. Boldi e De Sica tornano nella preistoria, nella Firenze di Lorenzo il Magnifico (trovano ancora Marco Messeri), ma pure nella Scozia di Highlander e nella Seconda Guerra Mondiale. Un incasso eccellente.



A questo punto i Vanzina cominciano a lavorare anche per la televisione, che con diverse fictiondi successo prende sempre più il posto del vecchio cinema di genere. Anni ’50 (1998) è la prima miniserie che va in onda dal 13 al 22 ottobre, su Canale 5, interpretata da Ezio Greggio, Serena Grandi, Enzo Cannavale, Ric, Antonella Fassari, Giovanni Rei e altri caratteristi. Le vicende (scritte e sceneggiate da Enrico e Carlo) si svolgono in una Capri anni Cinquanta e coinvolgono un maresciallo dei carabinieri, un fruttivendolo romano e due giovani innamorati. I Vanzina rendono omaggio alla loro infanzia cinematografica, dal neorealismo rosa ai film con Totò e De Sica, infarcendo i telefilm di citazioni e di rimandi a storiche battute. 



Anni ’60 (1999) è una nuova miniserie, che non può mancare visto il successo della prima fiction, in onda dal 3 al 24 ottobre, ogni domenica, su Canale 5. Si segnalano ottime musiche d’epoca rivitalizzate e modernizzate da Manuel De Sica. Tra gli interpreti Ezio Greggio, Jerry Calà,  Maurizio Mattioli, Sergio Solli, Nini Salerno e Gian. Lo schema non cambia, perché i Vanzina intrecciano tre storie che si svolgono in un anno ma in diverse località. Incontriamo un palazzinaro romano alle prese con una figlia ribelle, un quarantenne che cerca soldi facili e un commerciante di oggetti sacri che vorrebbe tradire la moglie. Ancora una volta i Vanzina omaggiano il cinema del passato e citano capolavori come Il sorpasso (1962) di Dino Risi, Signori esignori (1966) di Pietro Germi e I tartassati (1959) di Steno. Il limite dell’operazione sta ancora una volta nello stile semplicistico dei Vanzina che non regge il confronto con i modelli citati, ma, con quello che passa in televisione, le due miniserie restano un prodotto dignitoso.


Il cielo in una stanza (1999) segna il rientro al cinema con una favola romantica che riporta ai mitici anni Sessanta, forse condizionata dal recente lavoro televisivo. I Vanzina citano loro stessi e la giovinezza trascorsa ai Parioli, tra bar di quartiere e ragazzi ricchi a bordo di Vespe fiammanti. Un film da riscoprire, per la musica composta da Roberto Nicolosi e per una storia divertente che segna il successo di un’intelligente operazione nostalgia. Tra gli interpreti citiamo Elio Germano, Maurizio Mattioli e Tosca D’Aquino.


Vacanze di Natale 2000 (1999) è un remake impegnativo perché il film di riferimento è il capostipite dei moderni film natalizi con tema vacanziero. Un esperimento simile lo aveva già tentato (senza successo) Enrico Oldoini con Vacanze di Natale ’90 (1990), che però si ispirava di più a Vacanze d’inverno(1959) di Camillo Mastrocinque. Oldoini ci riprova anche nel 1991 (Vacanze di Natale’91) e poi lascia la patata bollente nelle mani di Neri Parenti (Vacanze di Natale ’95). L’idea di richiamare i Vanzina viene al produttore Aurelio De Laurentiis che decide di affidare il film natalizio a una coppia collaudata. Tra gli attori citiamo Massimo Boldi, Christian De Sica, Megan Gale (una bella australiana fresca di pubblicità telefonica), Enzo Salvi, Nino D’Angelo, Carmen Electra, Micaela Ramazzotti e Monica Scattini. Boldi e De Sica sono i mattatori della situazione nei panni di due possibili consuoceri a Cortina.


Quello che le ragazze non dicono (2000) è un passo falso fuori dalle corde dei Vanzina, un tentativo di fare un film per le ragazzine che sconcerta e delude un po’ tutti. Il cast vede nomi televisivi come Martina Colombari, Giovanna Rei, Irene Ferri e Walter Nudo che hanno poco a che spartire con il cinema. Lia Tanzi interpreta un bel ruolo da madre, ricordiamo qualche seno nudo, un po’ di ammiccamenti voyeuristici, ma non basta. Il film delude anche perché ambientato a Milano ed è ormai provato che i Vanzina si trovano bene soprattutto quando devono analizzare la romanità.


E adesso sesso (2001) è un buon ritorno al genere dei film a episodi con tematica erotica, un omaggio ai classici di Dino Risi come Vedo nudo (1969), Sessomatto (1973), Sesso evolentieri (1982), esempidi commedia all’italiana sul sesso.Si tratta di otto macchiette che fanno ridere senza mai cadere nella facile volgarità, cosa insolita per i Vanzina che confezionano una pellicola capace di fare persino critica di costume. E adesso sesso critica l’Italia dei cellulari, della tv onnipresente, dei reality show e dei telequiz a ogni ora del giorno e su tutte le reti nazionali. I Vanzina omaggiano la commedia all’italiana, citano Risi, Germi, Monicelli e Steno, realizzando un film atipico ma prezioso che dovrebbe essere riscoperto. Gli interpreti non sono famosi, visto che i nomi principali sono Tony Sperandeo, Max Giusti, Antonello Fassari e Francesca Nunzi. Le pornodive pentite Eva Henger e Edelweiss alzano il tasso erotico che in ogni caso si mantiene molto casto.   


South Kensington (2001) è un film fuori dalle corde dei Vanzina che si trovano a dirigere Rupert Everett e Elle Macpherson in una commedia che vorrebbe essere alta e raffinata ma finisce solo per annoiare. Il film natalizio dei Vanzina cerca di respirare aria nuova nella colonia italiana a Londra, utilizza un Rupert Everett snob quanto basta e una Macpherson molto bella, ma non piace a nessuno.


Un maresciallo in gondola (2002) è un altro tv movie trasmesso da Canale 5, mercoledì 27 febbraio 2002, che racconta una storia ambientata a Cortina verso la fine degli anni Cinquanta. Protagonista è un maresciallo dei carabinieri (Ezio Greggio) spedito a Venezia per proteggere una nota attrice americana (Victoria Silvstedt) e deve risolvere un misterioso furto durante il Festival del Cinema. Si tratta di una commedia sofisticata girata con ritmi televisivi che riesce a essere umoristica, sfumando molto i toni del giallo. Troviamo nel cast anche Debora Caprioglio e la vecchia gloria Philippe Leroy.


Febbre da cavallo – La mandrakata (2002) è un sequel che rende omaggio a Febbre da cavallo (1976), una pietra miliare della commedia all’italiana diretta da Steno. I Vanzina non pretendono di fare meglio del padre, ma scrivono una storia dignitosa che a tratti fa sorridere e spesso commuove. La mandrakata rielabora il vecchio film in chiave moderna, realizza un omaggio a Steno e mette in campo attori come Gigi Proietti, Enrico Montesano, Nancy Brilli, ma anche caratteristi come Piero Fornaciari, Natale Tulli e Rodolfo Laganà. I tempi comici sono perfetti, ogni personaggio racconta la sua storia e ha una sua precisa ragione d’essere. I Vanzina citano il cinema italiano degli anni Settanta, ma fanno capire che il loro riferimento principale è ancora precedente, forse quel neorealismo rosa che ha dato il via alla stagione della commedia.



Il pranzo della domenica (2003) è vera commedia all’italiana di stampo classico, forse il film più intellettuale dei Vanzina, ma non riscuote un gran successo di pubblico. La pellicola affronta delicati temi politico - sociali ma lo fa con il solito pressapochismo tipico dei Vanzina, senza approfondire mai, rischiando di cadere nella battuta qualunquista. La critica alla società berlusconiana è presente ma molto annacquata e non si capisce mai se è una critica di sinistra o semplicemente populista. Tutto si svolge ai Parioli, nel cortile di casa Vanzina, come ne Il cielo in una stanza, ma è un orizzonte troppo limitato per fare da paradigma della società italiana. Lo scontro familiare, tra parenti di destra e di sinistra, si svolge nel corso del rituale pranzo domenicale dalla nonna (Giovanna Ralli), ma è troppo politicamente corretto e gli autori non prendono mai posizione. La pellicola rappresenta un gustoso ritratto di un’epoca ma il limite più evidente è che regista e sceneggiatore vorrebbero accontentare tutti. Interessante il cast che comprende Massimo Ghini, Barbara De Rossi, Rocco Papaleo, Elena Sofia Ricci, Maurizio Mattioli, Marco Messeri e Giovanna Ralli.



Le barzellette - il film (2004) è un omaggio al barzelletta - movie,  un sottogenere inaugurato da Marino Girolami e il suo Pierino interpretato da Alvaro Vitali. Se vediamo bene il sottogenere deriva da Ridere, ridere, ridere(1954) di Edoardo Anton, ma al tempo restò solo un episodio stravagante, mentre negli anni Settanta la moda durò alcuni anni e produsse diverse pellicole che ridicolizzavano matti, carabinieri, soldati e poliziotti. Enrico Vanzina è il soggettista de I carabbinieri (1981) e di Miracoloni (1981) di Francesco Massaro, due pellicole simbolo del sottogenere. W la foca (1982) di Nando Cicero è un altro film surreale ed emblematico di un modo di fare comicità basato su barzellette sceneggiate. L’elenco sarebbe interminabile, perché il barzelletta movie ha avuto grande vigore e ha sfornato molti titoli anche se di qualità piuttosto scadente. I Vanzina si mettono in gioco nella riscrittura di un genere abbastanza sfruttato e non limitano il campo di azione a un settore, ma saccheggiano tutto, lo scibile barzellettistico per confezionare un prodotto dignitoso affidato alla genialità degli attori. Gigi Proietti è il più bravo, ma se la cavano anche Max Giusti, Biagio Izzo, Carlo Buccirosso, Marco Messeri ed Enzo Salvi. La pellicola si compone di circa sessanta barzellette non tutte all’altezza della situazione, alcune risapute, altre troppo lunghe, ma in ogni caso i Vanzina evitano il già visto e il già detto eliminando tutto il repertorio su matti, carabinieri e scuola. Resta il solito film dei Vanzina, sempre politicamente corretto e mai schierato, molto attento a non pestare i piedi a nessuno. 

In questo mondo di ladri (2004) è una commedia senza troppe pretese prodotta da Vittorio Cecchi Gori e pensata per valorizzare le grazie di Valeria Marini. Per fortuna ci sono anche buoni interpreti come Carlo Buccirosso, Max Pisu, Biagio Izzo, Leo Gullotta, Ricky Tognazzi ed Enzo Iacchetti. Il soggetto è abbastanza scontato, anche se i Vanzina vengono coadiuvati dall’esperto sceneggiatore Piero De Bernardi. Si parte dalla nota canzone di Antonello Venditti per raccontare le peripezie di cinque onesti lavoratori che tentano di vendicarsi di una truffa immobiliare. La banca assurge a simbolo di un sistema corrotto popolato da disonesti e truffatori, in un ritratto monodimensionale e mai graffiante della nostra società. Valeria Marini  sfoggia la sua abbondanza di forme ma ormai sappiamo che tra lei e la recitazione è accaduto un litigio irreparabile.



I Vanzina tornano a fare televisione su Canale 5, con un’idea geniale come Un ciclone in famiglia (2005), che ottiene un successo così grande da produrre tre seguiti (2006, 2007 e 2008). Le avventure delle famiglie Fumagalli e Dominici appassionano il pubblico, le liti tra lombardi e romani sono il sale della commedia, interpretata da Massimo Boldi e Maurizio Mattioli per i ruoli maschili, mentre le parti femminili sono di Barbara De Rossi e Monica Scattini. Ne Unciclone in famiglia 2 compare anche l’ottimo attore Carlo Buccirosso, perché i Vanzina inseriscono anche la famiglia napoletana degli Esposito. La famiglia Fumagalli, milanese, composta da Lorenzo (Massimo Boldi) il papà, (Barbara De Rossi) la mamma e le tre figlie Lisa (Benedetta Massola), Ludovica (Sarah Calogero) e Lauretta (Carlotta Mazzoleni), partita per il Canada per passare le vacanze, incontra la romanissima famiglia Dominici: Alberto (Maurizio Mattioli) romano purosangue, la moglie Simonetta (Monica Scattini) e uno dei figli, Alessio (Edoardo Natoli). I due rispettivi figli, Alessio e Ludovica, s’innamorano, al rientro in Italia, i due giovani annunciano di aspettare un bambino. Da questo assunto parte la storia che segue tutte le regole della buona telenovelasudamericana, corretta con il tipico umorismo dei Vanzina e il solito politicamente corretto che cerca di piacere a tutti. La caratteristica principale della serie è che le locationessono molto suggestive (Norvegia, Costa Azzurra,. Svizzera, lago di Como, Roma…), anche perché la produzione non bada a spese. Il quarto ciclo di puntate (2008) riscuote un indice di ascolto molto basso. Lorenzo Fumagalli è diventato onorevole, Tilly si scopre scrittrice per bambini, Lorenzo ritrova un fratello in Francia, la signora Dominici diventa una top manager della moda, Esposito arricchisce grazie al figlio che diventa campione di golf. Ci sono i soliti equivoci, liti, scambi di persona, che rappresentano il sale di quel che resta della commedia all’italiana. Il pubblico non apprezza la quarta serie de Un ciclone in famiglia e Mediaset non lo ripropone, ma punta tutto sul popolare I Cesaroni. In ogni caso nel 2010 torna Un ciclone in famiglia con la quinta serie e nuove avventure.



I Vanzina tornano al cinema per rivisitare un classico del poliziottesco comico ma fanno una gran confusione tra Monnezza e Nico Giraldi, giocando sul popolare personaggio interpretato da Tomas Milian.
Ilritorno del Monnezza (2005) delude tutti, soprattutto i fan di Tomas Milian che non possono accettare un bolso Claudio Amendola (anche se figlio dello storico doppiatore Ferruccio) nei panni del loro beniamino. Si commette persino la scorrettezza di non contattare Tomas Milian che vive a Miami, interpreta ottimi film diretti da Andy Garcia, non ha nostalgia del passato, ma forse un cammeo lo avrebbe girato volentieri, magari nel ruolo del padre di Monnezza junior. A parte Amendola, che è un pessimo protagonista, troviamo un diligente Enzo Salvi nei panni che furono del grande Bombolo, Elisabetta Rocchetti, Kaspar Copparoni, Gabriella Labate, Paolo Triestino, Alessandro Di Carlo e Luis Molteni. Tutto molto triste, a cominciare dal titolo, perché Nico Giraldi non era soprannominato Monnezza, quello era un altro personaggio, molto più drammatico, creato da Umberto Lenzi e Dardano Sacchetti. Il ritorno del Monnezzaè una pellicola inutile che vorrebbe essere un omaggio alla serie di successo diretta da Bruno Corbucci, i famosi film delle Squadre e dei Delitti con protagonista il maresciallo Nico Giraldi. Il ritorno del Monnezzaè un pessimo lavoro, privo di un soggetto accettabile e di battute degne di tale nome, un sottoprodotto televisivo, una caduta di stile indegna dei Vanzina, sempre rispettosi citazionisti del passato. Niente a che vedere con il verace cinema di genere degli anni Settanta.



Eccezzziunale veramente… - Capitolo secondo… me(2006) è un sequel indovinato del mitico Eccezzziunale… veramente(1982), soprattutto perché riporta al cinema Diego Abatantuono con la macchietta del terrunciello che si dice milanese ciento pe’ ciento. Il resto del cast è all’altezza della situazione, visto che si può contare anche su Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Nino Frassica, Anna Maria Barbera, Mauro Di Francesco e Tony Sperandeo. La sceneggiatura dei Vanzina parte dal presupposto che sono passati vent’anni e segue le mosse dei tre personaggi interpretati da Diego Abatantuono. Donato è ancora ras della fossa milanista ma ha un figlio interista, il barista interista Franco ritrova una valigia piena di soldi mafiosi ed è costretto a uccidere un boss, il camionista juventino Tirzan esce dal coma e viene a sapere che la moglie si è sposata con un collega. Il film è un’onesta farsa con diverse battute che funzionano e una serie di situazioni credibili, ma i valori sociologici dell’originale si sono persi con il cambiare dei tempi. 



Olè (2006) è la commedia natalizia che segna la separazione tra Massimo Boldi e Christina De Sica, interpretata per i ruoli comici anche da Vincenzo Salemme ed Enzo Salvi. Presenze femminili interessanti sono la rediviva Brigitta Boccoli, Natalia Estrada, Daryl Hannah e Francesca Lodo. Non è un gran film, ma una commedia senza pretese che si snoda tra parti oniriche, ricordi, momenti musicali, trovate surreali ed estemporanee, strappando qua e là qualche sorriso. I ragazzi di un liceo milanese sono in gita in Spagna con il professore di matematica Archimede Formigoni (Boldi) e il professore di lettere Sasà Rondinella (Salemme). I momento comici partono dalla rivalità tra i due e mettono in luce le differenze tra la mentalità milanese e quella napoletana. A completare il quadro arriva il romanissimo Salvi, fidanzato con la bonazza Jennifer (Lodo), che sforna un campionario di battute risapute a tema calcistico. La fotografia e il colore della Spagna salvano in parte la pellicola.  



Piper (2007) è una commedia televisiva interpretata da Massimo Ghini, Martina Stella, Carol Alt, Anna Falchi, Maurizio Mattioli e Matteo Branciamore. Il film, messo in onda il 10 maggio 2007 su Canale 5, rappresenta una nuova occasione per fare un viaggio nella memoria privata e pubblica degli italiani, rivisitando i favolosi anniSessanta. La storia si sviluppa attorno al Piper, discoteca simbolo degli anni Sessanta che lanciò Patty Pravo, locale dove si svolge la dolce vita romana. Siamo nel 1965, la moda impone i Beatles e i giovani italiani suonano nelle cantine di casa imitando il modo di vestire dei quattro di Liverpool. Roma inaugura il Piper, locale per la musica rock e pop, una discoteca che resta un momento importante nella storia del costume. Carlo ed Enrico Vanzina raccontano i giorni precedenti all’inaugurazione, seguendo le esistenze incrociate di un gruppo di personaggi di varia estrazione sociale. Massimo Ghini è un giornalista comunista senza un soldo in tasca che imita il Mastroianni de La dolce vita(1960), ma deve occuparsi di cronaca perché non è ben visto dal governo. Martina Stella è una studentessa veneziana che scappa a Roma per sfondare come cantante, proprio come Patty Pravo. Matteo Branciamore è un chitarrista capellone, figlio del tassista romano Maurizio Mattioli, il classico matusa. Anna Falchi interpreta quasi se stessa come aspirante attrice maggiorata. Carol Alt è una nobile anticonformista che fornisce biglietti d’entrata al Piper. Piperè un film televisivo, per sua stessa natura un prodotto ibrido e indefinibile, interessante come tematica, ma raccontato con un registro molto popolare. Ricordiamo una bella sigla grafica anni Sessanta, la buona fotografia di Zamarion, ottime musiche come Quelli della mia età e Ma che colpa abbiamo noi. Vanzina racconta il lato frivolo della sua Roma e una parte importante dei nostri anni Sessanta per costruire un nuovo capitolo di quella commedia all’italiana che ha raccontato il boom. Non riesce - ma è un limite evidente dell’intera opera dei Vanzina - il racconto drammatico sul periodo storico, ridotto a macchietta troppo semplificata.



2061 – Un anno eccezionale (2007) è una commedia cinematografica che avrebbe delle pretese, interpretata da Diego Abatantuono, Emilio Solfrizzi, Sabrina Impacciatore, Ninì Salerno, Michele Placido, Massimo Ceccherini, Biagio Izzo e Alessandro Paci. La storia vorrebbe essere un omaggio al genere postatomico, perché descrive un nuovo Medio Evo ambientato nel 2061, dopo una grave crisi energetica e la fine delle scorte petrolifere. L’Italia è un paese allo sbando, al nord è nata la Repubblica Longobarda, ma ci sono anche la Repubblica Popolare di Falce e Mortadella, la Toscanaè un Granducato dove lottano i Della Valle e i Cecchi Gori, al centro è risorto lo Stato Pontificio e al sud regna il Sultanato delle Due Sicilie.  Un gruppo di avventurosi patrioti, comandati da un certo Professore (Abatantuono) tenta di riunificare l’Italia, dopo un viaggio dalla Sicilia alle Alpi, per unirsi alla resistenza e arrivare a Torino. Carlo Vanzina si ispira come atmosfera all’Armata Brancaleone(1966) di Mario Monicelli - citata persino nella colonna sonora - perché anche qui troviamo un’armata  sconclusionata di guerrieri che conducono un viaggio picaresco. Il paragone è voluto ma regia e sceneggiatura non reggono il confronto con l’originale. Si tratta del solito film dei Vanzina che non sa affondare il coltello nella piaga, magari riesce a realizzare caricature divertenti e personaggi grotteschi, ma non è capace di tratteggiare il dramma di un paese diviso. I Vanzina puntano decisamente verso l’umorismo facile e la battuta volgare che strappa la risata grassa, trascurando ogni tentativo di fare un sia pur limitato discorso sociale. Abatantuono è bravo, ma fa troppo spesso il verso al se stesso del passato, citando a più non posso Attila, flagello di Dio (1982) di Castellano e Pipolo, neppure fosse stato un capolavoro. Un malvezzo degli ultimi film dei Vanzina è quello della pubblicità occulta che si può anche far passare per una citazione del vecchio cinema anni Settanta, ma infastidisce parecchio.



Nel 2007 i Vanzina firmano soggetto e sceneggiatura di Matrimonio alle Bahamas (2007), una commedia diretta dal giovane Claudio Risi che ricalca i loro vecchi film natalizi. Protagonista è Massimo Boldi che ci conduce alle Bahamas per un matrimonio d’evasione e divertimento, anche se le battute risultano troppo spesso già sentite.


Un’estate al mare (2008) è un’altra commedia cinematografica dei Vanzina, uscita come esperimento in piena estate (debutta il 27 giugno) e ideata come omaggio al vecchio genere anni Cinquanta del film balneari. Il cast è di primo piano e - come spesso accade - a metà tra cinematografico e televisivo: Lino Banfi, Enrico Brignano, Ezio Greggio, Nancy Brilli, Anna falchi, Massimo Ceccherini, Maurizio Micheli, Luigi Proietti, Alessandro Paci, Enzo Salvi, Biagio Izzo, Victoria Silvstedt e Alena Seredova. Si tratta di sette episodi tenuti insieme dall’esile collante balneare per un film che rappresenta una scommessa nei confronti del mercato estivo.  I Vanzina descrivono ancora una volta il nostro Paese con i toni della commedia all’italiana, anche se per essere considerati un vero specchio del costume dovrebbero riuscire a spingersi più in profondità. Un’estate al mare non è molto diverso da Matrimonio alle Bahamas, a parte la scelta del luogo vacanziero. Abbiamo come sempre tante battute sopra le righe, personaggi paratelevisivi divenuti cliché di loro stessi, bellezze prelevate dai programmi del piccolo schermo, dialetti, rivalità tra romani e milanesi e uomini mai cresciuti a caccia di ragazzine.  Un’estate al mare è un prodottocommerciale, anche se di positivo resta la citazione del genere balneare, una sorta di revival di Sapore di mare e la resistenza come ultimo baluardo della commedia all’italiana. L’episodio di Gigi Proietti è il più riuscito, ma anche gli altri attori danno un onesto contributo al divertimento leggero che caratterizza tutta l’opera  dei Vanzina.  


I Vanzina tornano a fare televisione nell’ottobre 2008, con la fictionVip, episodio pilota che potrebbe portare all’inaugurazione di una nuova serie. La televisione è un mediasempre più praticato dai Vanzina che affermano: “Scrivendo questo film abbiamo sempre pensato al cinema, ma siamo felici di averlo girato per Mediaset, anche perché oggi in Italia si vede molto più cinema in tv che cinema al cinema”. La pellicola cerca di rispondere alla domanda: “Vip si nasce o si diventa?”, ma soprattutto tenta di spiegare perché le persone non si accontentano di una vita anonima, ma cercano di ottenere un futuro da vip. Il film è girato con la consueta cura cinematografica della factoryvanziniana, ma non può nascondere la destinazione televisiva. Una suggestiva location come l’hotel De Russie fa da scenario a numerose sequenze di una storia corale tipica dei Vanzina, un racconto composto da racconti, tante esistenze umane che si intrecciano nella Roma di oggi, tra set in strada, ristoranti alla moda, grandi alberghi e discoteche. I Vanzina citano pure il castello della Crescenza, famoso (sic!) per aver ospitato le nozze di Totti e di Briatore. Un aspirante giornalista (Matteo Branciamore) si innamora di una diva americana, sulle orme di Notting Hill. Enrico Brignano è un commerciante che si finge uno sceicco miliardario per conquistare Martina Colombari, ma lei non è da meno perché si fa passare per stilista internazionale. Maurizio Mattioli è un oste amico dei vip, soprattutto di Maria Grazia Cucinotta, che lo illude, e di Monica Scattini, donna in carriera con problemi coniugali. Carlo Buccirosso è un portiere d’albergo napoletano che sgrana gli occhi davanti alla bellezza di Alena Seredova e fa ingelosire la moglie. Gli attori sono molti e quasi tutti di buon livello, già sperimentati al cinema nella factory dei Vanzina. Vipè una commedia di taglio classico che fa sorridere senza ricorrere a volgarità e ricorda (in piccolo) buoni film del passato come Vacanze di Natale e Sapore di mare.


Un altro lavoro per il cinema è Un’estate ai Caraibi (2009), che prosegue l’esperimento iniziato con Un’estate al mare per cercare di portare al cinema il pubblico anche in piena estate. Il film è stato distribuito il 12 giugno e può dirsi a pieno titolo un cine - cocomero, sottogenere della nuova commedia all’italiana al quale i Vanzina pare vogliano dedicarsi. Molti attori fanno parte da tempo della factory, altri entrano in occasione della nuova pellicola: Enrico Brignano, Biagio Izzo, Alena Seredova, Enrico Bertolino, Carlo Buccirosso, Maurizio Mattioli e Martina Stella. Le esistenze dei protagonisti si intrecciano in un gioco di ruoli e di situazioni, ma sui tutti svetta un grande Gigi Proietti che cita più volte il capolavoro Febbre da cavallo di Steno e il suo personaggio di Mandrake. 


La vita è una cosa meravigliosa (2010) inaugura il nuovo fenomeno del cinecolomba, perché esce in piene vacanze pasquali e segna un ritorno a un cinema comico sul tipo della vera commedia all’italiana. Un netto passo in avanti nella loro produzione - pur con i limiti di sempre - ma che prende in considerazione fenomeni di costume come il giro delle escort di lusso, la corruzione e le intercettazioni telefoniche. 


I Vanzina frequentano ancora la televisione con la fiction  Un ciclone in famiglia 5 (2010), ma è il cinema il loro approdo naturale, perché sempre nel 2010 girano la commedia romantica Ti presento un amico,interpretata da una coppia di belli come Martina Stella e Raul Bova, un esperimento nuovo rispetto agli ultimi lavori dei Vanzina. Sotto il vestito niente - L’ultima sfilata (2011) è un remakedi poco successo, una sorta di operazione nostalgia rispetto ai vecchi film thriller del passato. 

Ex - amici come prima (2011) rappresenta un ritorno al cinema di cassetta, girato con garbo e attenzione ai temi sociali, pur con la leggerezza di sempre e senza approfondire certe tematiche. 


Nel 2012 i Vanzina sceneggiano uno stanco cinepanettone, girato da Neri Parenti, come Vacanzedi Natale a Cortina, interpretato da Christian de Sica e Sabrina Ferilli, migliore dei precedenti ma poco premiato dal pubblico. 


Buonagiornata (2012) è ancora una volta un film interessante, forse il migliore dell’ultimo periodo dei Vanzina, una commedia a episodi girata come un film corale. Interpreti di alto livello (De Sica, Banfi, Abatantuono, Salemme…) per raccontare l’Italia di oggi, tra piccoli truffatori, escort, evasori fiscali e personaggi amorali. 


Un netto passo indietro Mai Stati Uniti (2013), commedia corale on the road interpretata da un gruppo di attori poco affiatati, costruita su gag risapute e una sceneggiatura troppo prevedibile. 


Sapore di te (2014) segna il ritorno sul luogo del delitto, trent’anni dopo il successo di Sapore di mare (1983). I Vanzina scelgono di ambientare il nuovo film vacanziero vent’anni dopo, negli anni Ottanta, a loro giudizio ultima epoca spensierata, un periodo in cui si faceva ancora la villeggiatura. Un floptotale, ma prevedibile, soprattutto per colpa degli interpreti giovani che non vanno oltre una recitazione da fictiontelevisiva. Il film non esce che in poche sale e non arriva neppure in provincia. 


Un matrimonio da favola (2014) è il secondo film dei Vanzina che esce in un anno, leggermente migliore del precedente, ma siamo nel campo della farsa, una pochadealla Feydeau priva di connessioni con la realtà, recitata in maniera svogliata e con personaggi monodimensionali, fumettistici, dai caratteri appena abbozzati. 


Nell’estate 2015 esce Torno indietro e cambio vita, una nuova versione vanziniana di Ritorno al futuro, una sorta di cinecocomero abbastanza riuscito interpretato da Ricky Memphis, Raoul Bova e Max Tortora. Commedia sentimentale dal taglio fantastico, sofisticata quanto basta, anche se ci troviamo abbondantemente nel campo del già detto. 



Estate 2016, il copione si ripete. Nuovo cinecocomero, definizione che ai Vanzina non va a genio, ma quello sono, anche se le chiamamo pellicole vacanziere. Questa volta si tratta di un anonimo Miami Beach, che ricicla cosa già dette in passato e confeziona un nuovo film ambientato negli Stati Uniti, dopo Vacanze in America, Vacanze ai Caraibi e Mai Stati Uniti. Rapporto genitori - figli, storie d’amore giovanilistiche e comicità burina, affidata alla coppia Tortora - Minaccioni con Ricky Memphis di rinforzo. Niente di epocale, anche se è il film che celebra i quarant’anni dei Vanzina al cinema. 


Ultimi film i modesti Non si ruba a casa dei ladri (2016) e Caccia al tesoro (2017), fino alla morte di Carlo, al termine di una lunga malattia, avenuta a Roma l’8 luglio del 2018.





Carlo ed Enrico Vanzina sono diventati un caso mediatico per i loro film di Natale che divertono il pubblico e sconcertano la critica, ma sono importanti perché - insieme a Neri Parenti e pochi altri  registi popolari - portano avanti con serietà la nuova commedia all’italiana. Il loro cinema è spesso citazionista del passato, ricorda il neorealismo rosa, la commedia sentimentale, il cinema balneare, il barzelletta movie, il postatomico, il thriller erotico, la commedia classica che mette in luce vizi e difetti dell’Italia. Carlo ed Enrico Vanzina presentano il limite evidente della superficialità, del non impegno a ogni costo, di uno stile spesso superficiale che si limita a confezionare battute volgari e situazioni comiche eccessive. Potevano essere i nuovi fustigatori dei costumi italiani, se solo avessero deciso di abbandonare il commerciale senza limiti, la pellicola facile che non scontenta nessuno. Peccato che non l’abbiano mai fatto e che - a questo punto - non lo faranno mai.

Storia della Commedia Sexy - volume 2

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Dalla cartella stampa della Casa Editrice SENSOINVERSO.


Gordiano Lupi completa la sua opera (iniziata con il primo volume, Storia della commedia sexy all’italiana. Da Sergio Martino a Nello Rossati) e indaga a fondo un periodo d’oro del cinema, tramontato ormai da tempo. La commedia sexy (detta anche scollacciata o erotica) è un sottogenere della commedia all'italiana. Imperversò dagli anni '70 fino ai primi anni '80 quando gradualmente si spense fino a scomparire, nonostante alcuni tentativi andati a vuoto, negli anni a venire, di rivitalizzarla. Operazione però riuscita, su carta, da Gordiano Lupi, che ci regala una testimonianza importante di un modo di fare cinema che non esiste più. Un saggio, questo, che si legge come un romanzo.


Non bastava un solo volume per raccontare la commedia sexy e l’esperienza dei registi che l’hanno resa famosa come genere tipicamente italiano. Appena licenziata l’edizione del primo tomo ci siamo resi conto – insieme all’editore – che l’elenco dei registi non era esaustivo. Mancavano troppi nomi di autori che non hanno girato solo commedia sexy, altri che si sono cimentati episodicamente con il sottogenere e tante figure minori del cinema italiano. […] In questo volume troverete due autori fondamentali come Giuliano Carnimeo, che da narratore dell’epopea western si trasforma in cantore delle grazie di Nadia Cassini, e Marino Girolami, factotum del cinema italiano, che frequenta i set delle commedie borghesi e balneari sin dai primi anni Cinquanta. Ma non ci siamo limitati alle figure di primo piano del genere e siamo andati a scovare autori che solo en passant hanno realizzato commedie sexy. […]
(Dalla premessa, a cura dell’Autore)



L’AUTORE: Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Traduce ispanici, si occupa di cultura cubana e scrive di cinema italiano. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo: una Storia del cinema horror italiano in cinque volumi. I suoi romanzi Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino (Acar, 2014), e Miracolo a Piombino - Storia di Marco e di un gabbiano, sono stati presentati al Premio Strega. Blog di cinema: La Cineteca di Caino (http://cinetecadicaino.blogspot.it/). Pagine web: www.infol.it/lupi. E-mail per contatti: lupi@infol.it



Autore: Gordiano Lupi
Titolo: Storia della commedia sexy all’italiana. Da Giuliano Carnimeo a Franco Bottari. Volume 2 - ISBN: 9788867933747
Collana: ItaliaNascosta
Pag. 195 - Prezzo: € 16,00


IL LIBRO è CORREDATO DA MOLTE FOTO INEDITE DI ORCHIDEA DE SANTIS.

Il mio cinema è su Futuro Europa: http://www.futuro-europa.it/dossier/cineteca



Tutto Avati su La Gazzetta di Parma

Tutto Avati su Il Tirreno

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IL TIRRENO - CULTURA SPETTACOLI del 8 settembre 2018
Articolo a firma Fabio Canessa

McBetter (2018)

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di Mattia De Pascali

Ogni tanto mi capita di fare piacevoli incontri nell’asfittico panorama italiano, quasi sempre frugando nel sommerso, nel mondo underground, cosa che non accade quando vado a vedere (contro voglia) produzioni pubblicizzate, spesso ispirate a romanzi di successo scritti dai soliti noti. La mia ultima scoperta è Mattia De Pascali, pugliese di Gallipoli, regista nato il mio stesso giorno (28 novembre) ma ventisei anni dopo (1986), laureato in cinema, televisione e produzione multimediale, critico cinematografico per Point Blank, autore di numerosi corti, al debutto nel lungometraggio con McBetter, convincente horror grottesco. Un film girato con un budget modesto secondo la lezione di Joe D’Amato, dove il regista è anche sceneggiatore e produttore. Usa il genere per denunciare il sistema capitalistico dei fast-food, mettendo in scena l’assassinio dell’imprenditore della carne, quel McBetter che ricorda McDonald, da parte del futuro genero e della figlia, al culmine di uno scontro generazionale. Malcom è il giovane ricercatore universitario che segue i consigli di una maga televisiva (dice a tutti le stesse cose ma lo capiremo solo alla fine), decide di credere nel suo progetto fino in fondo e tenta di convincere il re della carne ad allevare insetti per uso alimentare. La reazione del suocero da ilare diventa violenta, scatenando la sete di vendetta della giovane coppia, aiutata da una belva (un piccolo cane abbandonato divenuto famelico) che si aggira libera nel giardino della villa. Non diciamo altro a livello di trama per non fare anticipazioni su un prodotto interessante che sta per uscire sul mercato Home Video e che fa della suspense una delle sue armi migliori. 


Tutto si sviluppa all’interno di una villa isolata delle campagne pugliesi, con riferimenti inevitabili a Dieci piccoli indiani di Agatha Christie e a Shining di Stephen King, patrimonio comune a ogni cultore di thriller e horror. Il regista confida: “Non so dire se McBetter sia un horror, è meglio lasciare che sia il pubblico a decidere. La mia idea iniziale era quella di un beast-movie a cui si sono sommati, fino a prevalere, i conflitti umani. La bestia è divenuta quasi una presenza metafisica, lasciando agli evoluti bipedi il compito di autodistruggersi”. Il regista ambienta il racconto in Italia, in un non luogo del Sud, ma usa nomi anglofoni per criticare meglio il sistema capitalistico, decidendo di far scimmiottare ai protagonisti il modello americano anche nei comportamenti (McBetter usa spesso la parola  fottuto).  



Il film è girato in digitale, senza grandi capitali ma con molte idee, come il cinema italiano d’una volta, quello che ancora oggi amo andare a rivedere; buona la direzione degli attori, professionali e convincenti, pur con qualche dialogo da rivedere; fotografia intensa e immagini di periferia degradata che in dissolvenza aprono a una campagna pugliese inondata di sole; regia solida, movimenti di macchina adeguati, soggettive e dissolvenze ispirate, grande cura della suspense che resta uno dei punti forti della pellicola; effetti speciali artigianali curati e convincenti. 


Abbiamo rivisto in alcune sequenze il gusto per il grottesco tanto a caro al Pupi Avati di Tutti defunti tranne i morti, ma anche il piacere del macabro di un Joe D’Amato alle prese con gli sbudellamenti di Antropophagus e il timore della bestia in agguato in Porno Holocauste in Rosso sangue. Alcune sequenze sono da palati forti: il ragazzo che mangia gli insetti, la bestia che divora alcuni protagonisti del dramma, le interiora che debordano da un corpo massacrato … Incipit e finale sono molto intensi, notevoli le sequenze girate in una macelleria, con quarti di bue pendenti dai ganci e grondanti sangue ma anche insetti ripresi in primo piano. Mattia De Pascali ha talento, il suo debutto è sotto il segno dell’horror (grottesco) ma potrebbe fare di tutto nel cinema italiano, se ancora esistessero produttori a caccia di talenti. 


Regia, Soggetto, Sceneggiatura, Produzione: Mattia De Pascali. Musiche: MNTRN (Valentino Galati). Montaggio: Michelle Tamada. Fotografia: Islam Mohamed. Aiuto Regia: Giulio Ciancamerla. Assistente Regia: Alessandro Stajano. Segretario di Edizione: Jonathan Imperiale. Organizzatore Generale: Lucio Massa. Elettricista: Silvia Cappello. Fonico: Valentino Galati. Effetti Speciali: David Bracci, Cristina Panarese. Scenografia: Arianna Alfarano. Trucco: Georgia De Carlo, Sofia Volpe. Titoli di Testa: Daniele Ostuni. Post Produzione Audio: Serena Mancarella. Durata: 75’. Genere: Horror Grottesco. Riprese: Digitale. Camera. Panasonic DMC- GH4. Ambientazione: Lecce. Riprese: Aprile 2017. Interpreti: Andrea Cananiello (Malcom), Srena Toma (Melanie), Nik manzi (Joe McBetter), Donatella Reverchon (Patricia), Oscar Stajano (Little Joe), Iole Romano (Dolores), Gabriella Luperto (Maga Patrizia), Federico Solinisko Jr. (Ernesto), Packito (Tictictic), angelo Longo (Joe Mcbetter, voce).


McBetter 

(credits)


CAST


Nik Manzi   ...................................   Joe McBetter
Donatella Reverchon   .................   Patricia
Serena Toma   ..............................   Melanie
Andrea Cananiello   ......................   Malcolm
Oscar Stajano   ..............................   Little Joe
Iole Romano   ...............................   Dolores
Gabriella Luperto   ........................   Patrizia
Federico Slonisko Jr.   ....................   Ernesto
Packito  .........................................   Tictictic

Angelo Longo ............................ Joe McBetter (voce)


TROUPE


Regia, sceneggiatura e produzione ........................... Mattia De Pascali
Aiuto regista ............................................................. Giulio Ciancamerla
Assistente alla regia .................................................. Alessandro Stajano
Segretario di edizione ................................................ Jonathan Imperiale
Organizzatore generale .............................................. Lucio Massa
Direttore della fotografia ........................................... Islam Mohamed
Elettricista.................................................................. Silvia Cappello
Fonico ......................................................................... Valentino Galati
Effetti speciali ............................................................. David Bracci e Cristina Panarese
Scenografa .................................................................. Arianna Alfarano
Trucco ......................................................................... Georgia De Carlo
Parrucco ...................................................................... Sofia Volpe
Montaggio ................................................................... Michelle Tamada
Titoli di testa ................................................................ Daniele Ostuni
Musiche ....................................................................... MNTRN
Post-produzione audio ................................................ Serena Mancarella


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di Nino D'Angelo


Regia: Nino D’Angelo. Soggetto e Sceneggiatura: Nino D’Angelo, Lorenzo De Luca. Fotografia: Sergio D’Offizi. Fonici Presa Diretta: Massimo Pisa, Davide Gaudenzi. Scenografia: Raffaele Di Florio. Costumi: Adriana Scotti. Coreografie: Enzo Paolo Turchi. Montaggio: Giorgio Franchini. Musiche: Nino D’Angelo. Organizzazione Generale: Luigi Ciotola. Supervisione alla Produzione: Vincenzo Cartuccia. Produttore: Giovanni Di Clemente. Casa di Produzione: Clemi Cinematografica srl. Produttore Associato: Quality Sound srl. Aiuto Regista: Romano Scandariato, Antonio Galiano. Assistente alla Regia: Antonio D’Angelo, Alberto Vincenzo De Rosa. Direttore di Produzione: Luigi Ciotola. Operatore alla Macchina: Carlo Aquari. Assistenti Operatori: Claudio Palmieri, Sacha Melaranci. Operatore Steadicam. Sergio Melaranci. Fotografo di Scena: Amtonio Cittadini. Assistenti Scenografi: Monica Auriemma, Roberto Trotolo. Attrezzista: Maria Stefania Virguti. Sarta: Carmela Cangiano. Microfonista: Fabrizio Celani. Truccatore: Mario Di Salvio. Capo Macchinista: Tarcisio Diamanti. Capo Elettricista: Sergio Spila. Montaggio Presa Diretta: Silvia Moraes. Doppiaggio: Sefit CDC. Direttore Doppiaggio: Michele Gammino. Effetti Sonori: New Digital srl. Pellicola: Kodak. Titoli e Truke: Videogamma. Effetti Ottici: Carlo Alfano, Proxima. Macchine da presa e Attrezzi: Fratelli Cartocci srl. Canzoni (scritte da Nino D’Angelo): Cafècafè (canta: Anna Russano), Vulimmo ’o posto (cantano: Sasà Di Mauro, Anna Fany, Pino Prestieri, Gianni D’Ambrosio, Pino Langella, Lina Santoro, Mena Steffen, Savio Cavallo), Canta per chi è comm’a te (cantano: Gianni Sacco, Lina Santoro), Neomelodicon (canta: Tonino Apicella), Jescejuorno (cantano: Sasà Di Mauro, Marianna Cecere, Valentino Prato, Peppino Di Bernardo), Aitanic (canta: Marianna Cecere), Sigarette chi fuma (canta: Pietra Montecorvino), Terroni Dance (cantano: Giacomo Rizzo, Mena Steffen), Me spiezze ’o core (cantano: Nino D’Angelo, Francesca Marini), Faccio ’o cantante (canta. Emi Salvador). 

Interpreti: Nino D’Angelo (Leonardo Di Capiri e il cantante Neon), Sabina Began (Beganovic) (Giulia Roberti), Giacomo Rizzo (Gaetano, detto Aitano), Mauro Di Francesco (Riccardo), Maria Del Monte, Aurelio Fierro (don Capillo), Pietra Montecorvino (sigarettaia), Enzo Gragnaniello (tassista), Angelo Di Gennaro, Peppe Lanzetta, Andrea Refuto (Pasqualino), Mario Scarpetta (maresciallo Cocca), Marianna Cecere, Peppino Di Bernardo, Lisa Fusco (inviata tv), Ettore Massa, Gina Perna, Valentino Prato, Emi Salvador, Lucio Ciotola, Davide Marotta, Pina Mancuso, Raffaele Orecchio, Gianni Sacco, Carla Schiavone, Salvatore Caruso, Ernesto Mahieux, Antonio Fischetti.

Aitanic non è soltanto una parodia del famoso film Titanic (1997) diretto da James Cameron, interpretato da Leonardo Di Caprio e Kate Winslet. La genialità di Nino D’Angelo gioca in piena libertà tra musica, comicità e coreografie, costruendo un divertente musical napoletano capace di mettere alla berlina problemi sociali e mancanze, oltre a fare autoironia in modo intelligente e sarcastico. Raccontare la trama è complesso, perché la storia è un vero e proprio hellzapoppindi situazioni surreali e grottesche, condite da musica e intermezzi coreografici. In ogni caso la commedia è ambientata a Napoli e segue le vicende di diversi personaggi: una famiglia con problemi economici, un disoccupato abbandonato dalla moglie, un industriale milanese (con prostituta al seguito) che vuol vendere panettoni ai napoletani. 

Gaetano (Rizzo) detto Aitano ha un’idea brillante per risolvere i suoi problemi economici: ruba un cadente traghetto - che chiama Aitanic - per offrire un servizio sostitutivo ai turisti diretti a Capri, evitando gli scioperi dei marittimi. Il traghetto rappresenta una sorta di Arca di Noè capace di accogliere varia umanità, che l’improvvisato ammiraglio divide in ricchi e poveri, scatenando una consueta diatriba tra settentrionali e meridionali. Leonardo Di Capri (D’Angelo) è a bordo della nave insieme al figlio e medita il suicidio dopo aver perso un lavoro abusivo al cimitero e la causa di divorzio intentata dalla moglie. Ci sono anche la prostituta Giulia (Began) con l’arrogante industriale milanese Riccardo (Di Francesco) che odia i napoletani ma vuol vendere panettoni avariati a un onorevole che vive a Capri. Infine c’è il pessimo cantante Neon (ancora D’Angelo), un neomelodico a caccia di successo con troupe televisiva al seguito. 

La parodia di Titanicprende corpo quando Giulia trova la lettera di Leonardo con la quale progetta il suicidio ed è proprio lei a evitarlo in una sequenza sul ponte, girata a imitazione del film nordamericano. Giulia si ribella al suo datore di lavoro, che viene arrestato dal maresciallo Cocca (Scarpetta) addirittura per furto di pesce, mentre l’amore con Leonardo trionfa. Abbiamo pure l’affondamento, sia della nave che di un faraglione di Capri contro il quale l’Aitanic va a sbattere, provocando l’arresto di Gaetano per danneggiamento al paesaggio. Lieto fine assicurato, tra matrimonio di Giulia e Leonardo, ravvedimento di Riccardo che diventa sudista convinto e persino Neon decide che è meglio lavorare per pagare i debiti. Tutti invitati al matrimonio, ovvio.

Aitanic è il film più geniale partorito dalla fantasia di Nino D’Angelo, per la seconda volta in carriera citato nei titoli come regista, forse con maggior merito, anche se tra gli aiutanti figura il nome di Romano Scandariato, vero tecnico della materia. Assistente anche il figlio Antonio, adesso buon regista cinematografico che ha realizzato alcuni lungometraggi d’autore di indubbio interesse. Un musical napoletano che servirà da modello per i Manetti Bros. nei loro lavori di buon successo (Song ’e Napule, 2013 - Ammore e malavita, 2017) e che cita con ironia tutto il passato del cantante attore. Una parte onirica mostra in flashback alcune sequenze estrapolate da vecchie pellicole nelle quali il caschetto d’oro correva in riva al mare per abbracciare Roberta Olivieri. “Basta con queste corse, non ce la faccio più. Ne ho fatte troppe in passato. Adesso ho un’età …”, ironizza D’Angelo nei panni di Leonardo quando Giulia gli chiede di mettersi a correre per fuggire dalla nave. Divertente anche il venditore nero di DVD taroccati che vorrebbe piazzare un inesistente Aitanic 2. “Stiamo ancora girando il primo e già esce il due? Siamo pazzi …”, conclude D’Angelo. 

Gli attori sono tutti bravi, a partire dal protagonista, che con il tempo ha affinato le capacità recitative e ha superato la fase da scugnizzo, qui impegnato in ben due caratterizzazioni. Il personaggio più vicino ai Nino D’Angelo movieè quello del fioraio abusivo del cimitero, tutto cuore e passione, mollato dalla moglie e con un figlio, ma pronto a innamorarsi ancora. Il cantante neomelodico Neon, invece, serve solo a ironizzare sulla moda dei molti (persino troppi) cantanti partenopei nati sulla scia del suo successo. Giacomo Rizzo è strepitoso nel gestire una parte comica importante, molto divertente quando in chiesa interpreta una scena che cita i film della serie Don Camillo - con l’aiuto di Aurelio Fierro (il prete Don Capillo) - e fa parlare il crocifisso. Mauro Di Francesco replica il suo personaggio del milanese strafottente che tratta male il prossimo e odia i terroni, ma lo fa con grande ironia. Sabina Began (Beganovic) è l’elemento sexy della pellicola, in uno dei suoi pochi film (Chiavi in mano di Laurenti, 1996), a parte molte serie televisive (I ragazzi del muretto, Don Matteo…), il suo nome resta legato a un preteso ruolo da amante di Silvio Berlusconi e come ape regina del famoso bunga bunga. Tra le presenze minori citiamo i due nani napoletani Ernesto Mahieux (L’imbalsamatore) e Davide Marotta (Il ritorno di Cagliostro, Ciripiripì Kodak).

Molto importante nell’economia del film la musica di Nino D’Angelo, canzoni comiche, ironiche, rap napoletani, pezzi melodici, ben orchestrati e accompagnati dalle ottime coreografie di Enzo Paolo Turchi. Tra tutti i pezzi citerei Vulimmo ’o posto e Terroni Dance, veri e propri gioielli da commedia musicale moderna, senza dimenticare la bravissima Pietra Montecorvino interprete di Sigarette chi fuma. Nino D’Angelo decide di esporsi in prima persona con un film musicale dopo aver scritto la colonna sonora della pellicola di successo (a sorpresa) Tano da morire. Fotografia luminosa del grande Sergio D’Offizi che ritrae tutto lo splendore del golfo di Napoli, suono in presa diretta basilare e montaggio rapido delle varie sequenze che riconducono tante esistenze verso identico destino. Il soggetto è articolato ma in definitiva ben sceneggiato da D’Angelo e De Luca che inseriscono a dovere nel corpus narrativo sia la musica che le sequenze surreali e grottesche. Scenografia napoletana realistica, tra famiglie che vivono a Spaccanapoli, nei quartieri popolari, dove ci sono i panni tesi da un balcone a una finestra, mentre via Caracciolo e il centro storico sono in mano a ricchi turisti che non conoscono le privazioni della povera gente. Divertenti le citazioni musicali di Titanic (si sfiora il plagio) e i nomi storpiati (Leonardo Di Capri, Aitanic…); pure la sequenze simbolo viene replicata, sulla prua della nave, con i due innamorati abbracciati. Tra le cose più trash la bandiera del Napoli calcio issata sul pennone della nave, il faraglione che affonda (effetto speciale anni Sessanta), il maresciallo Cocca che ironizza sul televisivo Rocca. La risposta che D’Angelo dà alla ragazza sul suo nome va citata: “Mi chiamo Leonardo come Leonardo Da Vinci. Leonardo come Di Caprio. Leonardo come Pieraccioni! Lo sai che una volta pure io avevo il caschetto?”. Sono battute geniali, puro metacinema. Il film nasce con Dino De Laurentiis, perché Nino D’Angelo era sotto contratto per i film natalizi con Boldi e De Sica, ma esce per la Clemi Cinematografica diretta da Di Clemente.

La critica. Paolo Mereghetti (due stelle): “D’Angelo (sceneggiatore insieme a De Luca) allestisce un musical  ispirandosi a Tano da morire (a partire dalle coreografie per le strade), senza puntare troppo sul grottesco ma usando le canzoni – da lui scritte – per mettere in scema la dignità di chi si arrangia, parlando di disoccupazione e del contrasto tra nord e Sud. Senza graffiare mai, a dire il vero, e dicendo sempre cose un po’ ovvie, però con una simpatia tanto immediata quanto epidermica. Poco sviluppato il secondo personaggio che interpreta, il cantante cane Neon, mentre Di Francesco è noioso come leghista bauscia. Quanto alla parodia di Titanic, c’è un traghetto di viso in zona ricchi e zona poveri, un finto naufragio e Leonardo che viene salvato dal suicidio da una squillo romana che gli mostra le tette. Tutto qui. D’Angelo comunque non rinnega il passato e mostra un breve montaggio – flashback dei tempi del caschetto d’oro”. Morando Morandini (due stelle e mezzo): “Nino D’Angelo si diverte a mettere in burla se stesso, il mito del successo, gli stereotipi della napoletanità; a parodiare il supercolosso di Cameron; a citare Don Camillo e FFSS di Arbore; a cimentarsi con temi sociali (disoccupazione, contrasto tra nordisti e terroni; caravanserraglio delle TV locali); a omaggiare il passato della sceneggiata e della canzone napoletana; a mettere in fila canzoni come Sigarette chi fuma(omaggio a Mile Davis), Vulimmo ’oposto (inno dei marittimi in sciopero), Terroni Dance. Troppa carne al fuoco? D’accordo, ma sono peccati di generosità”.  

Pino Farinotti (due stelle): “Anche Nino D’Angelo doveva prima o poi finire dietro la macchina da presa. È successo in un film tutto made in Napoli con attori partenopei doc e un traghetto scassato a fare da contraltare al transatlantico entrato ormai nella mitologia del cinema. Che dire di questa parodia con l’intraprendente Aitano sulla rotta Napoli - Capri? Che è sicuramente più naif e meno pretenziosa del Sud Side Stori di Roberta Torre. Vuole proporre a un pubblico appassionato dodici - canzoni - dodici  e lo fa. Punto e basta”. Marco Giusti (Stracult): “Ritorno del musicarello di Nino D’Angelo con un’operazione che avrebbe voluto essere intelligente. Anche perché nasce dopo la riscoperta fofiana dell’attore, le sue collaborazioni con Roberta Torre e i suoi interventi al dopo festival di Sanremo di Chiambretti. D’Angelo giura anche che è la sua opera prima, anche se già aveva esordito nelle sue tarde commedie musicali. Purtroppo questa commedia melodica con pretese non funzionò per nulla al botteghino e i sogni di gloria di Nino rimasero affondati sull’Aitanic. Sicuramente da rivalutare tra qualche anno”. Nocturno Cinema: “Il film è gioioso come una farsa scarpettiana, nonché capace di rielaborare la lezione fizzarottiana, sia di Armando che di Ettore Maria”. IlDavinotti on line: “Un Nino D’Angelo maturo e disinvolto, conscio del suo personaggio, più simpatico e umile dei tempi in cui interpretava lo scugnizzo dal caschetto d’oro, capace di ironizzare su se stesso e sul suo passato con un film che vede i suoi momenti migliori nelle coreografie e nella colonna sonora”.

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La sconosciuta (2006)

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di Giuseppe Tornatore


Tornatore è di nuovo dietro la macchina da presa dopo l’insuccesso di Malena (2000) e prima di realizzare un capolavoro come Bàaria (2009). Il regista indaga il mondo della prostituzione legata alle ragazze che vengono dall’est, il racket e la delinquenza collegata, senza dimenticare i rapporti familiari e l’analisi psicologica. 


La sconosciutaè un noir intenso e crudo, sceneggiato per flashback e parti oniriche che si alternano alla storia in presa diretta, molto esplicito nei momenti violenti (quasi splatter) ed erotici (per niente voyeuristici ma dal taglio documentario). Irena (Rappoport) è un’ex prostituta in fuga ricercata da Muffa (Placido), perfido capo del racket, che crede di aver ucciso dopo avergli rubato un’ingente somma di denaro. Trova lavoro grazie a un viscido portiere (Haber) e dopo aver provocato un grave incidente a una domestica (Degli Esposti), crede di aver ritrovato la sua bambina nella famiglia dove si impiega, finisce in galera dopo una serie di eventi legati alla dinamica del thriller e permette di scoprire un oscuro traffico di neonati. 


Il film è sceneggiato benissimo e nel modo più complesso, montando tutti i flashback come in un gigantesco puzzle in maniera tale che soltanto alla fine si scopre tutta la verità. Il film è ambientato in una città veneta di fantasia (Velarchi) ma è girato quasi interamente a Trieste, riconoscibile dagli ambienti mitteleuropei e dai palazzi stile fine Ottocento. Storia di mancanze e dolore, girata in un ambiente degradato e marginale, tra monti di spazzatura e prostituzione, che analizza il turpe commercio di neonati e lo sfruttamento delle donne che vengono dall’Est, discriminate e indirizzate verso la strada degli uteri in affitto. Storia d’amore perduto (il padre della bambina) e d’amore ricercato (la piccola adottata) ma anche di rapporti umani veri e sinceri, di legami dettati dal puro interesse, di consonanze madre - figlia. In definitiva l’errore di Irina è stato quello di credere nel futuro e per questo, come dice lei stessa, meriterebbe di morire. Parti splatter e gore ricordano il miglior Tarantino: l’aggressione dei finti Babbo Natale rosso sangue, la presunta uccisione del boss a colpi di forbici, i turpi parti delle donne con uteri in affitto … 


Un thriller d’autore ricco di suspensee tensione con momenti di pura commozione, intimi e drammatici, insoliti in un film d’azione. Tornatore mette il suo marchio di fabbrica da regista visionario indagatore di sentimenti soprattutto nella figura macerata e complessa della prostituta, madre fino in fondo, donna innamorata, che chiede solo di veder crescere la bimba che ritiene frutto del suo ventre. Un finale stupendo vede la protagonista uscire dal carcere e incontrare lo sguardo della figlia che l’attende fuori dall’istituto e le sorride. Interpreti bravissimi, dalla Rappoport (ideale protagonista) a un Placido eccessivo e truce, passando per tutto lo squallore di Haber (che implora un amore e chiede il pizzo alla domestica) e all’angoscia della Gerini (madre che protegge la figlia). Parti minori per Buy (legale della ragazza), Favino (marito) e Molina, mentre se la cava molto bene la debuttante Dossena nel ruolo più difficile, anche se ormai lo sappiamo che Tornatore è molto bravo con i bambini. Colonna sonora straordinaria - cupa e truce - di Ennio Morricone, che torna sui livelli delle sue prime prove. Il film debutta al Festival del Cinema di Roma, riscuote consensi e vince diversi premi (David di Donatello e Nastro d’Argento), che sottolineano le interpretazioni magistrali, la regia accurata e la colonna sonora portentosa. Da vedere.


Regia: Giuseppe Tornatore. Soggetto e Sceneggiatura. Giuseppe Tornatore. Fotografia: Mario Zamarion. Montaggio: Massimo Quaglia. Musiche: Ennio Morricone. Scenografia. Tonino Zera. Casa di Produzione: Medusa Film, Manigoldo Film, Sky. Genere: Drammatico. Durata: 117’. Interpreti: Ksenia Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Pierfrancesco Favino, Clara Dossena, Alessandro Haber, Piera Degli Esposti, Pino Clabarese, Angela Molina, Paolo Elmo, Gisella Marengo, Nicola Di Pinto,Margherita Buy, Simona Nobili, Elisa Morucci, Giulio Di Quilio, Pino Calabrese, Valeria Flore.

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Una notte di 12 anni (2018)

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di Álvaro Brechner




Una notte di 12 anniracconta la dittatura militare in Uruguay e la guerriglia con i Tupamaros, soprattutto la repressione governativa successiva alla sconfitta del movimento rivoluzionario, basandosi sulle Memorias del calaboso - 13 anni sottoterra, cronaca cruda e spietata della tremenda prigionia e del disumano isolamento sofferti da José Pepe Mujica (de la Torre), Maurizio Rosencof (Darín) e Eleuterio Fernandez Huidobro (Tort).Un film che sarebbe stato opportuno fosse selezionato per rappresentare non solo l’Uruguay ai premi Oscar 2019, ma l’intera umanità, perché fungesse da monito al non ripetersi dell’errore più grande: la privazione della libertà e della dignità umana. 


Brechner è un regista uruguayano che vive in Spagna, ha girato due lungometraggi che in Italia nessuno ha visto (Mal dia para pescar e Mr. Kaplan), quindi ha messo in scena questo piccolo capolavoro di struggente realismo che coinvolge il pubblico sin dalle prime sequenze. Due ore di puro cinema per raccontare le sofferenze fisiche e le torture - morali, materiali, psicologiche - cui sono stati sottoposti per lunghi e interminabili anni i tre prigionieri, che non dovevano essere ammazzati ma condotti alla follia. Ebbene, ognuno di loro si è salvato, ha resistito ai carcerieri, confidando in un metodo di autodifesa personale costruito ad arte, adattandolo alle esigenze. 


Il film è costellato di momenti struggenti che si alternano a pause ironiche, più leggere, quasi consolatorie: strappano le lacrime i brevi incontri con i familiari, soprattutto la prima volta in cui uno dei prigionieri conosce la figlia, ma anche quando Pepe sfiora la pazzia dopo le torture e l’isolamento. Brevi istanti di languida speranza vengono fuori a sprazzi quando i carcerati implorano la vista di un raggio di sole e quando si instaura un rapporto tra Rosencof (il poeta) e i pochi carcerieri dotati di umanità per i quali scrive lettere d’amore per le fidanzate. Il regista alterna potenti parti oniriche con taglio da cinema horror fantastico che conferiscono ritmo alla narrazione, oltre a numerosi flashback relativi al periodo della guerriglia e alla cattura dei tupamaros. Un film davvero ben fatto, con un finale stupendo e commovente che vede il ricongiungimento dei prigionieri superstiti con i familiari in attesa, alla fine della dittatura militare, dopo il referendum costituzionale, con il ritorno della democrazia parlamentare. 


Pepe Mujica diventerà Presidente dell’Uruguay, dopo aver sfiorato la follia, così come Huidobro farà il ministro (è morto alcuni anni fa) e Rosencov si dedicherà al suo mestiere di poeta e scrittore. Una notte di 12 anni non è un film didascalico e pedante, né una pellicola noiosa e ripetitiva. Tutt’altro. Sceneggiato benissimo, alterna momenti di tensione e sofferenza ad altri di grande umanità. Peccato che in Italia si debba vedere solo nei Cineclub. Noi l’abbiamo intercettato presso il Piccolo Cineclub Tirreno di Follonica. Occhio a Netflx, che è tra i produttori, perché tra un sacco di roba commerciale dovreste trovare anche questo piccolo gioiello di cinema internazionale. Ritagliatevi un momento per guardarlo e per capire una volta di più - se mai ce ne fosse bisogno - che il sonno della ragione genera mostri. Imperdibile.


Regia: Álvaro Brechner. Soggetto e Sceneggiatura: Álvaro Brechner. Fotografia: Carlos Catálan. Montaggio: Irene Blecua, Nacho Ruiz Capillas. Musiche: Federico Jusid. Scenografia: Laura Musso. Paesi di Produzione: Argentina, Uruguay, Spagna, Francia, Germania. Interpreti: Antonio de la Torre, Chino Darín, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Silvia Pérez Cruz, César Troncoso, César Bordón, Mirella Pascual, Nidia Telles.

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La grande abbuffata a Como

Avati: “Vi racconto mezzo secolo di film e il magico Delta”


CATTIVE STORIE DI PROVINCIA - Clip "Un nuovo romanzo."

Stefano Simone presenta Cattive storie di provincia

Il cielo sopra Piombino

Per conoscere Nino D'Angelo - 1

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BREVI CENNI BIOGRAFICI

Nino D'Angelo

Nino D’Angelo nasce a San Pietro a Patierno, un povero quartiere alla periferia di Napoli, il 21 giugno 1957. Presto lascia la scuola per svolgere i lavori più umili e disparati per aiutare la famiglia, tra questi il calzolaio e il posteggiatore, infine il gelataio ambulante alla stazione ferroviaria e - viste le doti canore - il cantante nelle feste di matrimonio. La popolarità napoletana e campana cresce sul finire degli anni Settanta e lo porta a incidere (a sue spese) il primo disco: A storia mia, che ottiene un grande successo. Comincia la stagione dei concerti e della sceneggiata a teatro, affermandosi sempre più come l’erede di Mario Merola, di fatto un modernizzatore di un genere che i giovani non seguono più, un cantante che riesce a rivitalizzare una tradizione correggendola per andare incontro ai mutati gusti del pubblico. 

Ninì Grassia

Il debutto al cinema è merito di Ninì Grassia, che lo dirige in una trilogia: Celebrità (1981) - autobiografico e personale -, L’Ave Maria (1982) e Lo studente (1982), mentre in contemporanea lavora nel cast di due sceneggiate dirette da Alfonso Brescia e interpretate da Mario Merola: Tradimentoe Giuramento, entrambe del 1982. Mariano Laurenti è il regista che lo porta all’apice del successo con film diretti con mano ferma e dotati di solide sceneggiature. Un jeans e una maglietta (1983), è uno dei maggiori incassi della stagione.  Il declino arriva inesorabile sul finire degli anni Ottanta. Nino D’Angelo è attore di modeste qualità ma cantante dotato di grandi doti, conquista il pubblico grazie a un volto angelico, da bravo ragazzo, da scugnizzo napoletano dal volto emaciato, incorniciato da un caschetto di capelli biondi ossigenati.  Snobbato dalla critica ufficiale che nelle recensioni non va oltre le due stelle, accusato di aver portato un genere classico come la sceneggiata al conformismo piccolo - borghese, in realtà è un innovatore di un genere ormai stereotipato. Prosegue l’attività di cantante e musicista anche quando termina l’effimero successo cinematografico, che comunque segna un’epoca e merita di essere raccontato. Ricordiamo colonne sonore importanti come Tano da morire(1997) di Roberta Torre (Nastro d’Argento e Ciak d’oro per la migliore musica) e del celebrato Gomorra (2008) di Matteo Garrone. Appare spesso in televisione, interpreta il telefilm Ama il tuo nemico (1999) di Damiano Damiani, dimostra doti da vero attore sotto la guida di Pupi Avati (Il cuore altrove, 2003) e del figlio Toni (Una notte, 2007).


Appunti sparsi su sceneggiata e Mario Merola

La sceneggiata nasce a Napoli nel 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel primo dopoguerra, con lo scopo di inventare un genere nuovo, capace di unificare la musica popolare classica e il teatro dialettale. I primi testi della sceneggiata vengono messi in scena da teatranti di strada e di paese, parlano di problemi sociali, amori contrastati, donne vilipese e maltrattate; non siamo ancora al classico triangolo composta da  isso, issa e ‘o malamente. Pupatella - messa in scena dalla compagnia di G. D’Alessio - è la prima sceneggiata napoletana che ha per tema il tradimento ed è tratta dalla canzone omonima di Libero Bovio. Diciamo con una forzatura che la sceneggiata anticipa il musicarello cinematografico, perché molto spesso parte da una canzone classica e di grande successo popolare per raccontare una storia teatrale, senza dimenticare il tema musicale di fondo che costituisce il leitmotiv dell’opera in prosa. La sceneggiata è un genere che si abbevera ad altri generi e li compenetra tra di loro formando un genere nuovo, fondendo in un solo contesto scenico musica, canto, danza e recitazione. Il contenuto non è mai soltanto drammatico o sentimentale, sono immancabili parti comiche, così come è fondamentale nella storia la presenza di una mamma (meno basilare la figura paterna) e spesso pure di  un piccolo figlio o nipote problematico. Mano a mano che passa il tempo, la sceneggiata perde il suo alone classico di storia sentimentale e familiare, o meglio, aggiunge a tale elemento base anche una parte noir - come si direbbe oggi - e poliziesca, composta da delitti, affronti, sfide al coltello e duelli a colpi di pistola.

La sceneggiata

Precursori della sceneggiata sono alcuni autori di teatro (Altavilla, su tutti) che per motivi economici si trovano costretti a scrivere opere basate su testi di canzoni famose come Don Ciccillo, Te voglio bene assaie e La Fanfarra. Il governo italiano, dopo la sconfitta di Caporetto, aumentò le tasse sugli spettacoli di puro varietà, giudicati non consoni al grave momento storico,  stimolando in questo modo gli autori a inventarsi uno spettacolo non solo comico, ma di tipo misto. La nascente sceneggiata era perfetta per aggirare la legge e le esose imposte che di fatto impedivano le esibizioni teatrali leggere, così perfetta che nel 1919 le rappresentazioni divennero un buon numero, proliferando sempre di più nei venti anni che precedettero la Seconda Guerra Mondiale. La compagnia più attiva fu quella gestita da Salvatore Cafiero (di estrazione varietà) ed Eugenio Fumo (teatro popolare) che si esibiva in teatri di periferia (Trianon, San Ferdinando) e vedeva tra le sue fila anche un giovanissimo Nino Taranto. La sceneggiata napoletana divenne un genere molto in voga non solo in Campania, ma anche negli Stati Uniti, soprattutto nella Little Italy di New York dove vivevano numerosi emigranti meridionali.

Mario Merola

Mario Merola nasce a Napoli il 6 aprile 1934, da una famiglia molto povera, lavora come aiuto cuoco e scaricatore di porto. La sua prima canzone è Malu figlio, incisa su disco quasi per scherzo e portata al successo da una sceneggiata che lui stesso interpreta al teatro Sirena di Napoli. La vita di Merola cambia d’un tratto, da scaricatore di porto a re del teatro popolare, della canzone dialettale, ambasciatore di Napoli nel mondo, con la sceneggiata che varca i confini regionali e nazionali, andando a frequentare i palcoscenici del Nord America. La sceneggiata di Merola resta un genere classico dove la tradizione si fonde sempre più al gusto per il fotoromanzo e per il cinema melodrammatico di Raffaello Materazzo. Alla base delle storie ci sono dosi massicce di sentimentalismo, amor filiale, rapporti familiari e interpersonali vissuti tra eccessi, conditi da un incombente gusto noir e poliziesco. La sceneggiata esce dagli angusti spazi teatrali e si afferma pure al cinema tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, proprio grazie a Merola, spesso diretto da Alfonso Brescia (Zappatore, 1981 e Carcerato, 1982) ma anche da Ciro Ippolito (Lacrime napulitane, 1981). Fisico massiccio e corpulento, temperamento sanguigno, molto simile ai personaggi che interpreta, si ricorda per canzoni melodrammatiche e roboanti, disperate e sentimentali, intrise di lacrime e core per dirlo con un’espressione tutta napoletana. I ruoli cinematografici lo vedono sempre nei panni di un uomo d’onore vecchio stampo, tutto famiglia e sentimento, spesso accusato di colpe non commesse o alla ricerca di un amore impossibile, altre volte nei panni di un uomo ai limiti della legalità ma sempre caratterizzato da un grande senso dell’onore. 


Molti i lavori diretti da Brescia nella sua filmografia, dopo l’esordio con Sgarro alla camorra (1973) di Fizzarotti una vera cascata:  Napoli … Serenata calibro 9(1978), L’ultimo guappo (1978), I contrabbandieri di Santa Lucia(1979), Il mammasantissima (1979), Napoli … la camorra sfida e la città risponde (1979), La tua vita per mio figlio e Zappatore (1980), Carcerato, I figli … so’ pezzi  e core e Napoli Palermo New York: il triangolo della camorra (1981). Umberto Lenzi lo dirige  in Da Corleone a Brooklyn (1979) e Stelvio Massi in Sbirro, la tua legge è lenta … la mia no! (1979). Due ruoli intensi nel 1982, accanto al suo erede Nino D’Angelo, in Tradimento e Giuramento, poi lo ricordiamo in due film di Stelvio Massi più intrisi di poliziesco come Guapparia (1983) e Torna (1984). Sud Side Story(2000) è il suo ultimo film, diretto da Roberta Torre, girato subito dopo il celebrativo Cient’anne di Ninì Grassia (1999). In tempi recenti lo ricordiamo nella soap opera televisiva - che eredita i fasti della sceneggiata - Un posto al sole (1996) come Don Tommaso Morraca, guidato da Giambattista Avellino. Resta nell’immaginario collettivo per gli schiaffoni che tirava nei suoi film e che - secondo la leggenda - sarebbero stati veri e in più di un’occasione avrebbero lasciato il segno. Muore a Castellammare di Stabia, il 12 novembre del 2006.


FILMOGRAFIA DI NINO D'ANGELO

(redatta con l’aiuto di Roberto Poppi)

Celebrità (1981) di Ninì Grassia
Tradimento (1982) di Alfonso Brescia
L’Ave Maria (1982) di Ninì Grassia
Giuramento (1982) di Alfonso Brescia
Lo studente (1982) di Ninì Grassia (uscito nel 1983)
Un jeans e una maglietta (1983) di Mariano Laurenti (uscito 2/9/1983)
L’ammiratrice (1983) di Romano Scandariato (uscito 10/11/1983)
La discoteca (1983) di Mariano Laurenti (uscito a gennaio 1984)
Uno scugnizzo a New York (1984) di Mariano Laurenti
Pop-corn e patatine (1985) di Mariano Laurenti
Fotoromanzo (1986) di Mariano Laurenti
Giuro che ti amo (1986) di Nino D’Angelo (firmato da Nino D’Angelo per volontà del produttore Francesco Calabrese e per motivi di noleggio/distribuzione, in realtà diretto da Piero Regnoli)
Quel ragazzo della curva B (1987) di Romano Scandariato
La ragazza del metrò (1988) di Romano Scandariato
Fatalità (1991) di Ninì Grassia
Attenti a noi due (1993) di Mariano Laurenti
La vita a volo d’angelo (1996) di Roberta Torre (documentario)
Tano da morire (1997) di Roberta Torre (colonna sonora)
Paparazzi (1998) di Neri Parenti
Ama il tuo nemico (1999) Film TV di Damiano Damiani
Tifosi (1999) di Neri Parenti
Vacanze di Natale 2000 (1999) di Carlo Vanzina
Aitanic di Nino D’Angelo (2000) (il regista ombra per la parte tecnica è il ben più esperto Romano Scandariato che figura come aiuto regista)
Il cuore altrove (2003) di Pupi Avati
Come inguaiammo il cinema italiano – La vera storia di Franco & Ciccio (2004) di Daniele Ciprì e Franco Maresco
4-4-2 Il gioco più bello del mondo (2006) di Michele Carrillo, Claudio Cupellini, Francesco Lagi, Roan Johnson
Una notte (2007) di Toni D’Angelo
Fortapàsc (2009) di Marco Risi (solo colonna sonora)
Falchi(2017) di Toni D’Angelo (solo colonna sonora)

Il piano dell'opera prosegue analizzando tutti i film interpretati da Nino D'Angelo in ordine cronologico. 

Fine della Puntata 1

Il mio cinema è su Futuro Europa: 


Una rosa blu (2018)

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di Stefano Simone


Regia: Stefano Simone. Origine: Italia. Durata: 20'. Musica: Luca Auriemma. Soggetto e Sceneggiatura: Sabrina Gonzatto. Distribuzione: X-Movie Internazional (Amazon Prime Video). Interpreti: Veronica Cataraga, Davide Frea, Giulio Fraglia.

Stefano Simone è un regista pugliese che conosco da tempo, ho potuto apprezzare l’intera produzione sia di video clip che di lungometraggi, collaborando con lui per alcuni progetti legati al cinema noir (Gli scacchi della vita, Cattive storie di provincia…) e due documentari letterari (Il cielo sopra Piombino, Litania su Piombino). In questa sede analizziamo un breve video girato a Torino che potrete trovare in distribuzione su Amazon Prime Video, in Italia e Stati Uniti, grazie a X-Movie Internazional. Stefano Simone ama occuparsi di problemi sociali, dalla piaga del bullismo (Fuoco e fumo, 2017) al degrado provinciale, passando per il disagio giovanile, il divorzio e la bigenitorialità (L’accordo, 2018). Una rosa blu parla di pedofilia e di rapporti amorosi estorti ma anche del ruolo che scuola e società possono giocare nella normalizzazione di situazioni pericolose. La storia vede protagonista una ragazzina che frequenta un istituto tecnico, figlia unica di una madre che da un po’ di tempo vede un nuovo compagno, purtroppo interessato anche a lei in modo malsano. Un preside che sa ascoltare e un vero amore da parte di un coetaneo faranno il miracolo di far venire alla luce il problema e di affrontare alla radice quel che non va nel cuore della ragazzina. 
Stefano Simone gira un corto molto teatrale, quasi tutto ambientato in interni, gestendo bene campi e controcampi, alternando brevi quanto riuscite sequenze di esterni che immortalano Torino, tra angoli periferici, parchi cittadini e montagne innevate che fanno da cornice. Gli attori sono tutti non professionisti, quindi si perdonano alcune incertezze e una recitazione troppo impostata, ma il regista è bravo a gestire i lunghi dialoghi e un argomento complesso. Notevole il simbolo della rosa blu tatuata, importante per la ragazzina, ma che finisce per ricordare soltanto un’esperienza negativa. La forza del breve filmato sta nelle scene girate in esterno, rapide e concitate, in una fotografia livida e spettrale, nei brevi flash che immortalano gesti dei protagonisti e in una macchina da presa che non si lascia mai andare a movimenti banali e riprese scontate. Il film ha scopi didattici, ma è un lavoro educativo - morale capace di raccontare una storia d’amore toccante e un riscatto consapevole da una situazione di vita disperata. Ottimo il sottofinale con i personaggi che si alternano sulla scena mentre una visione di Torino dall’alto simboleggia speranza e fiducia nel futuro. L’amore trionfa, la ragazzina prende coscienza di sé, abbandona il nero per colori sgargianti, non ha paura di osare e di vivere una vera storia d’amore. Scritto da Sabrina Gonzatto. Consigliata la visione ai giovani.

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